martedì 26 marzo 2013

Settima lettera aperta a Mario Monti

Caro Presidente,

questa mia sarà molto breve. Ho evitato in questi mesi di scriverLe giacché, visti i Suoi successi (e non mi riferisco solo alle elezioni) mi sembrava di porre in essere una rivisitazione di Gavinana. Tralascio tutti i riferimenti a suoi ministri con affetto devastante sul settore lavoro-economia laddove dirLe «l'avevo detto» appare del tutto inferiore alla realtà, per concentrarmi solo sul caso cosiddetti «marò». Non entro nel merito dell'intera vicenda, di alcune affermazioni giuridiche stupefacenti (anche se forse, elettoralmente necessarie) per concentrare l'attenzione di chi mi legge sulla fase finale. Vede, poiché non si può cadere nel turpiloquio, non saprei definire la spaventosa serie di errori commessi. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Quando ve ne sarete andati, purtroppo, sarà pur sempre tardi. Non è per cattiveria ma rileggendo le mie precedenti lettere non posso che ripetere a me stesso all'infinito la frase «l'avevo detto». L'essere un tecnico implica non solo la conoscenza della singola materia in sé, ma anche nelle conseguenze che i dati che si conoscono possono produrre collateralmente. Una moneta ha un cosiddetto dritto ed un rovescio. Ha insomma due immagini. In caso diverso abbiamo una medaglia. Ecco Lei ed il Suo governo, siete una medaglia. É noto che nelle collezioni (tradotto in socio-politica: nella storia) le monete hanno valore e lo stesso aumenta col passare degli anni; le medaglie solo all'inizio per il prezzo che si paga al venditore.

Cordialmente, come sempre Renato Ellero